Immigrazione

Processo Maysoon, ufficiale Gdf in udienza: abbiamo sentito solo 2 migranti perché c’era Capodanno Rai

Seconda udienza all'attivista curda. Il Tribunale rigetta nuova istanza di arresti domiciliari chiesta dall'imputata

Maysoon Madjidi

CROTONE – C’è una ragazza curda che rischia dieci o più anni di carcere in base al decreto Piantedosi perché c’era il Capodanno Rai a Crotone e non si è potuto procedere ad altri interrogatori di migranti per avere riscontro alle accuse contro di lei.
A dirlo è stato il tenente della Guardia di Finanza, Gaetano Barbera, nel corso della sua testimonianza nella seconda udienza del processo  a Maysoon Majidi, l’artista e attivista curda arrestata per favoreggiamento all’immigrazione clandestina il 31 dicembre 2023.
Maysoon Majidi è in carcere perché ritenuta essere la scafista dell’imbarcazione giunta sulla spiaggia di località Gabella con a bordo 77 persone: accusa mossa in base alle testimonianze raccolte dalla Guardia di Finanza da due migranti – un iracheno e un iraniano – secondo i quali era stata l’aiutante del capitano, Akturk Ufuk, reo confesso ed a processo con rito abbreviato.
La risposta di Barbera è conseguente alla domanda del presidente del collegio penale del Tribunale di Crotone, il giudice Edoardo D’Ambrosio, che ha chiesto come mai su 77 migranti ne avessero sentito solo due per accusare l’imputata: “Stiamo parlando del 31 dicembre – ha risposto Barbera -. Era attività che doveva fare la polizia di Stato e che è stata passata a noi perché c’era il Capodanno Rai e loro dovevano gestire l’ordine pubblico. Il 31 dicembre al Cara non sono state svolte nemmeno le attività di identificazione perché le forze dell’ordine erano impegnate al Capodanno”.
Ma perché non le avete fatte dopo? chiede il presidente: “Dopo non ne abbiamo ascoltati altri – si è giustificato Barbera – perché dopo qualche giorno i migranti sono andati via”.

Dichiarazioni spontanee

Maysoon Majidi, di 29 anni, è in carcere perché accusata di aver aiutato il comandante distribuendo acqua e pasti ai migranti a bordo. Detenuta dal 1 di gennaio in carcere (attualmente è a Reggio Calabria), la donna ha ribadito la sua innocenza nell’aula del Tribunale di Crotone nella quale erano presenti anche decine di attivisti giunti a sostegno dell’artista curda. “Mi accusate di aver aiutato i passeggeri durante il viaggio – ha detto in una dichiarazione spontanea – e poi mi dite che sono una scafista perché non li ho aiutati a sbarcare ma sono fuggita. Come posso essere una scafista se sono stata costretta a stare con altre  decine di persone in un sotterraneo in attesa dei camion per andare ad imbarcarci? Come posso essere una scafista se, come avete anche detto voi, ho continuato a cercare i soldi per pagarmi il viaggio fino a tre giorni prima della partenza? Ho chiesto un prestito al partito Komala, di cui io e mio fratello eravamo membri, per poter partire e poi mio padre il 24 dicembre mi avvisa che si era impegnato a dare i soldi anche a costo di vendersi casa e che entro tre giorni saremmo partiti. Come è avvenuto”.

Testimoni spariti

La seconda udienza, svolta mercoledì 18 settembre e durata oltre cinque ore, ha evidenziato anche come non ci siano prove granitiche e certe. Ad iniziare dai due migranti che accusano Madjidi i quali, dopo  la prima testimonianza il 31 dicembre, sono spariti e sono irreperibili. A tal proposito il difensore di Maysoon Majidi, l’avvocato Giancarlo Liberati ha chiesto al tenente Barbera come mai la Guardia di finanza sia stata incapace di rintracciare i due testimoni chiave, nonostante proprio la difesa avesse fornito i loro indirizzi, mentre i giornalisti Mediaset li hanno trovati in Inghilterra e Germania: “Ci siamo attivati – ha detto l’ufficiale – con il comando generale di Roma per il servizio cooperazione polizia, ma ad oggi non abbiamo contezza di dove siano”.
L’avvocato ha ribadito: “possibile che dei giornalisti li trovino e lo Stato italiano non ci riesca?”. Barbera ha replicato: “La domanda dovrebbe farla a polizia tedesca, noi abbiamo comunicato tutto a Roma che poi si avvale del collaterale organo di polizia estero. Comunque continuiamo a cercarli”. Il difensore ha anche fatto notare che l’interrogatorio non era stato registrato
L’avvocato a quel punto ha mostrato dei documenti secondo i quali di due sono entrambi in Inghilterra da dove è difficilmente realizzabile una rogatoria internazionale in quanto non è più un paese europeo.

Analisi forense

Anche l’analisi forense dei telefonini in possesso ai due imputati non dà certezze sulla colpevolezza di Majidi. Tanto che, dopo aver parlato per ore di foto e video fatte sulla barca, quando il presidente del Tribunale ha chiesto se sui telefonini degli imputati ci fossero immagini che riprendono Majidi mentre aiuta il capitano o da da bere e mangiare agli altri migranti, la risposta di Barbera è stata negativa.
Anche il maresciallo Carlo Pilato, che ha partecipato alle indagini, dopo una scrupolosa disamina dell’attività realizzata, rispondendo sempre al presidente che chiedeva se sulle chat analizzate si fossero contatti con gli organizzatore dei viaggi ha risposto: “Non lo so dire. Non ci sono tracce di chat con chi organizza il viaggio”.
L’ipotesi dell’accusa è che Maysoon essendo una scafista avesse viaggiato gratuitamente. Ipotesi basata sulla interpretazione di chat trovate nel telefono dell’imputata. Sulla questione l’avvocato ha chiesto al maresciallo se c’è in atti la prova che Majidi ha viaggiato gratis? “Ci sono conclusioni come PG che ci fanno ipotizzare che ha viaggiato gratis” ha detto il sottoufficiale. Messa in discussione anche l’ipotesi che tra il Ufuk e Majidi ci fosse un rapporto precedente.
L’avvocato ha fatto notare che nella rubrica di Ufuk c’era il numero di Majidi (e viceversa), ma erano stati registrati il 31 dicembre poche ore prima dello sbarco. Tra i due poi non ci sono scambi di messaggi. Lo ha confermato anche Pilato: “Non ha nessun messaggio con il capitano Ufuk anche se c’è chat aperta, ma senza messaggi”.  Liberati ha chiesto poi se ci fosse un video tra quelli trovati nei telefoni nel quale si vedessero i due darsi la mano. Pilato ha detto che “c’è un filmato girato dalla regista curda nella quale si vede Akturk che le tende la mano non saprei dire se la prende”.

In conclusione il  Tribunale di Crotone ha nuovamente rigettato la richiesta di modifica della misure cautelare dal carcere ai domiciliari. Una richiesta che la stessa imputata ha fatto nel corso di una dichiarazione spontanea al collegio penale. Dovrà attendere l’udienza al Tribunale del Riesame che si terrà il 17 ottobre. La prossima udienza del processo a Crotone è invece il 1° ottobre alle 12.30.