Crotone, capo colonna

Falesia, Spadea: problemi arcinoti, come la villa sulla scogliera mai acquisita

L'ex funzionario archeologo della Soprintendenza interviene sul dissesto idrogeologico del promontorio Lacinio e si chiede che fine abbiano fatto gli espropri

Faglia promontorio Lacinio Capocolonna

Scrivo perché sono stato responsabile (Soprintendente Elena Lattanzi) dell’area di Capo Colonna e i problemi segnalati
sono arcinoti e sono stati discussi e in parte pubblicati (ipotesi e conclusioni) nella letteratura scientifica (soprattutto con
geologi specializzati su questo argomento) a più riprese. Come è stato ricordato il problema è essenzialmente di natura
tettonica ed interessa tutto il sistema crotonese (il principale vede una placca di calcarenite scivolare con un movimento
franoso su una base argillosa plastica).

A Capo Colonna vari concomitanti fattori intervengono e si associano tra loro, fra i quali i fenomeni metereologici quotidiani, dalla pioggia al vento, all’aerosol del mare, al moto ondoso, fatto quest’ultimo di notevole rilevanza perché scalza il piede della falesia, dove la stessa è più alta (Nord-Est). Nondimeno, la stessa area della colonna è interessata, come dimostrano i frammenti di strutture archeologiche distaccate che formano con la calcarenite parte dell’odierna scogliera. Tuttavia la storia è più complessa.

La zona Nord-Est fu oggetto di grandi interventi negli anni Novanta (chiodature con barre d’acciaio) che hanno rallentato il movimento franoso, ma questo intervento deve essere ancora completato con il consolidamento degli altri tratti della falesia, in primis cominciando dal tratto dove sono stati oggi verificati i distacchi. Da aggiungere che il progetto deve estendersi agli altri tratti di costa, anch’essi alti, verso la colonna dove sono ville private, che devono essere acquisite.

Nei primi anni del Duemila, dopo l’ennesimo appello, la Soprintendenza archeologica convocò l’Eni, ritenuta responsabile di un’accelerazione del movimento franoso e si concordò un piano di monitoraggio dell’area della colonna con una cabina di regia, perfettamente installata nel Museo del Parco. L’Eni consegnò la cabina alla Soprintendenza ed occorreva avviare contatti con Università ed Istituti di ricerca per l’elaborazione dei dati e l’implementazione degli strumenti.

Purtroppo non si riuscì a portare avanti il progetto e viene spontaneo chiedersi che fine abbia fatto quel sistema assai preciso, che probabilmente sarà in parte oggi obsoleto (parliamo del 2004), ma che avrebbe potuto non poco contribuire con dati scientifici affidabili. Auspicabile perciò una convenzione con l’Unical, Comune e MiC per monitorare i fenomeni in atto acquisendo in tempo reale le informazioni che pervengono al Museo di Capo Colonna.

(*) Archeologo, già direttore dell’Ufficio scavi di Crotone