Ndrangheta, operazione sahel

Arresti a Cutro: il declino di Grande Aracri e l’ascesa della cosca Martino

Vito Martino, già fedelissimo del boss Nicolino Grande Aracri e suo braccio armato, dal carcere impartiva disposizioni ai suoi congiunti

Conferenza Shael

Volevano affermarsi come nuova cosca egemone del territorio crotonese alcune delle persone arrestate questa mattina dai carabinieri nell’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro, denominata Sahel, che ha portato all’esecuzione di 31 misure cautelari (15 in carcere, 7 agli arresti domiciliari e 9 all’obbligo di dimora), accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, danneggiamento, associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di reati in materia di stupefacenti, nonché per numerosi reati in materia d’armi, di sostanze esplodenti e di stupefacenti.

Le indagini, avviate nell’ottobre del 2020 dai carabinieri di Crotone a seguito di un episodio estorsivo ai danni di un imprenditore cutrese, hanno consentito di scoprire quanto stava avvenendo all’interno della ‘ndrangheta locale, con il clan Martino che si apprestava a prendere le redini approfittando del ruolo sempre più ridimensionato della potente cosca Grande Aracri, con il boss Nicolino Grande Aracri ormai detenuto da tempo con condanne all’ergastolo passate in giudicato e smascherato nel suo tentativo di collaborazione con la giustizia. Un clan familiare che fa capo a Vito Martino, tra i destinatari dell’ordinanza di custodia in carcere eseguita oggi e attualmente detenuto, già fedelissimo del boss Nicolino Grande Aracri e suo braccio armato, che dal carcere impartiva disposizioni ai suoi congiunti. A cominciare dai figli Francesco e Salvatore, già arrestati nello scorso mese di febbraio per estorsioni a imprenditori locali e oggi colpiti da nuove misure detentive, e dalla moglie Veneranda Verni, che su ordine del marito avrebbe gestito in prima persona le estorsioni e i proventi del traffico di droga , per finire con Salvatore Peta e Giuliano Muto. Sullo sfondo anche lo scontro con la famiglia contrapposta dei Ciampà, discendente dal clan Dragone un tempo egemone a Cutro.

“La cosca – ha spiegato il procuratore facente funzioni della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla – si è rivitalizzata attorno al nuovo boss, Vito Martino, considerato un esponente storico della cosca Grande-Aracri, che, dal carcere, avrebbe riorganizzato la cosca attraverso estorsioni contro diverse attività economiche: dalla produzione dell’olio, al trasporto ed edilizia. E poi ovviamente il traffico di droga, fondamentale per finanziare la “bacinella” del clan”. Il procuratore ha quindi parlato di “contatti con boss di territori vicini per avere la legittimazione e anche rapporti con la cosca rivale di Cutro, i Dragone, con diversi tentativi di riconciliazione e condivisione di attività criminali”.

Per il comandante provinciale dei carabinieri di Crotone, Raffaele Giovinazzo, “l’indagine documenta le dinamiche criminali in un locale di ‘ndrangheta nel momento di un passo indietro a causa delle diverse operazioni che hanno creato un vuoto di potere. La famiglia Martino si è quindi attribuita il compito di colmare questo vuoto, con l’autorizzazione di altre cosche”.

“In questa indagine, purtroppo, non c’è stata alcuna denuncia da parte delle vittime di estorsione, giusto qualche confidenza e un singolo caso di denuncia per usura” ha sottolineato il colonnello Angelo Pisciotta, comandante del reparto operativo dei carabinieri di Crotone. “Questo significa – ha aggiunto – che la nascente cosca Martino godeva già, per lo spessore criminale del capostipite, di una intrinseca forza di intimidazione”.

Nel corso delle indagini i carabinieri hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza in ordine a reati commessi con le modalità tipiche dell’associazione di stampo mafioso, ed in particolare all’esistenza di una “bacinella”, finanziata anche tramite lo spaccio e lo smercio, in forma associativa, d’ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti sulla direttrice Cutro, Cosenza, Catanzaro per il sostegno economico di affiliati e famiglie dei detenuti.

È stata messa in evidenza la capacità di controllo del territorio, attuata con il vincolo dell’intimidazione, tradotta nell’estorsione ai danni di titolari di attività commerciali e nell’usura.

È stata poi documentata la disponibilità di armi di parte degli indagati, in particolare delle famiglie Martino e Diletto, attraverso due sequestri avvenuti nel 2021 e nel 2022.

Nel corso delle indagini è emerso, infine, l’episodio di danneggiamento delle auto di alcuni componenti di spicco della famiglia Martino che sarebbe avvenuto con l’avallo del boss di Papanice Domenico Megna, che all’indomani del falso pentimento di Nicolino Grande Aracri avrebbe inteso espandere la sua influenza anche sul territorio di Cutro.

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